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di Salvatore Settis

Ci voleva la convergenza di una location impareggiabile (Capodimonte), di un direttore alla fine del suo mandato (Sylvain Bellenger) e del progetto pluriennale di un napoletano doc (Mario Amura) per lanciare «Napoli Explosion», una mostra dove fotografia, pittura e reportage si sommano e si confondono. Sul limitare del Real Bosco e in vista della reggia-museo, nel severo “cellaio”, dove in età borbonica si tenevano vini e cibarie, si allineano in fantasmagoria di colori quaranta grandi stampe fotografiche (fino a circa cinque metri per due). Par di vedervi ora uno stagno di ninfee, ora un fondo marino popolato di meduse, un prato cosparso di fiori, le costellazioni di un cielo esotico, le luci affollate di una metropoli lontana, il balenare dei fari di un fiume di macchine sull’autostrada. Qualche volta, in quella festa di luminescenze, troneggia lontano il Vesuvio.

Da tredici anni Mario Amura, con un piccolo corteo di amici armati di macchine fotografiche, la notte di Capodanno sale sul monte Faito (difronte al Vesuvio, sulla baia di Napoli), e aspetta la mezzanotte, quando i fuochi d’artificio esplodono nelle case lì in basso. Muovendo liberamente gli obiettivi, ognuno scatta decine o centinaia di fotografie, riprese arbitrarie di un altrettanto capriccioso tripudio pirotecnico. Da questo impensato inventario di esplosioni e di bagliori nascono migliaia di foto, o ipotesi pittoriche, in un ventaglio che include il più spinto astrattismo e l’irruzione in un immaginario figurativo dove tutte le forme suggeriscono qualcos’altro da sé. Tutte salvo una: il Vesuvio.

Amura ha davvero qualcosa da raccontare. La sua è la registrazione fotografica di una festosa coralità a cadenza calendariale: le migliaia di persone che affidano ai fuochi un sussulto di emozione contribuiscono, senza saperlo, a un’opera di pittura fotografica. Il senso ultimo di questo rituale collettivo ne risulta capovolto: non appare tanto come lo scatenarsi di un cieco festeggiare, quanto come una sorta di potente esorcismo. Napoli risponde alla perpetua minaccia del Vesuvio mettendosi in gara con esso, dispiegandogli davanti una sorta di eruzione effimera, che solo la fotografia (appunto) può fissare nel ricordo. Perciò «Napoli Explosion» è un’opera autobiografica, un inno di Napoli a sé stessa. E al Vesuvio.

Ecco dunque la “notizia” che emerge da questa atipica cronaca di una notte, dalla molteplicità e concatenazione degli scatti di «Napoli Explosion»: il popolo napoletano inscena di anno in anno una propria eruzione e la esibisce all’incombente vulcano, come omaggio o come sfida. Che è anche una sfida al tempo: muovendo i dispositivi come reti per farfalle, chi fotografa cattura le luci lontane; cambiando i tempi dell’esposizione, fissa e distilla il percorso dei fuochi nell’aria. La triangolazione fra il coro pirotecnico dei napoletani, il Vesuvio destinatario del tributo e Amura coi suoi compagni di avventura innesca il momento fortemente autoriale dove l’intuizione e il lavoro del “regista” mette a punto la sua antologia di storie e immagini suggestive.

GLI SCATTI REALIZZATI NELLA NOTTE DI CAPODANNO SONO A METÀ STRADA FRA ARTE ASTRATTA E NUOVO FIGURATIVISMO

L’esito che vediamo (preterintenzionale?) s’installa al crocevia fra arte astratta e nuovo figurativismo. Ma anche le immagini più astratte, in quanto nate dallo stretto dialogo degli obiettivi fotografici con l’anonima folla di chi scatena i fuochi, hanno un forte contenuto narrativo, anzi due: una narrazione apparente, per quel che le immagini sembrano evocare (tramonti, giochi di bambini, fondi marini), e la narrazione reale delle notti di Capodanno a Napoli. L’iperbolica convivenza tra popolo e Vesuvio porta alla luce l’immaginario della città. Le potenti figurazioni di «Napoli Explosion» assorbono la somiglianza al vero della fotografia, e incorporandola nel lavoro – concettuale e tecnico – dell’artista la restituiscono come una visione, un’allucinazione ritualizzata. Come un aspetto del reale, ma anche come un rito durevole, una promessa di perseveranza.

Il Sole 24 Ore Domenica 17 Marzo 2024 - N.76
Salvatore Settis, Maria Michela Sassi e Mario Amura
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